Non esistono più destra e sinistra? Parte seconda: riflessioni sulla Grecia e sul “liberalcomunismo”

Non mi associo al coro dei plaudenti per la vittoria del No nel referendum greco. E questo non perché mi sia mai schierato con la linea dura che voleva spingere la Grecia ad allinearsi a una logica economicista, bensì perché mi sembra che la Grecia, al contrario di ciò che dicono i più, sia già allineata su quella linea e voglia solo giocarvi una partita sporca.

I fatti sono questi: la Grecia ha speso male i soldi che le erano stati prestati: gli ha spesi male sia che si legga la cosa secondo valori neoliberisti (“ti presto denaro affinché tu li faccia fruttare facendo crescere la tua economia, così anch’io ci guadagnerò con gli interessi”), sia che la si legga secondo valori solidaristici (i soldi sono stati spesi a pioggia in infrastrutture di dubbia utilità – impianti sportivi, nuovo aeroporto di Atene e mezzi per raggiungerlo – o a solo vantaggio di dipendenti statali).

Nessuno sembra inoltre ricordare che quei soldi sono stati dati alla Grecia invece che ad altre e meno abbienti nazioni dell’Unione – come la Romania, la Polonia, l’Estonia, la Lettonia – o in procinto di entrarvi – come l’Albania, l’Ucraina, il Montenegro. Tutti paesi dai quali è fitta l’immigrazione in Italia, segno di un’autentica mancanza di opportunità, mentre dalla Grecia l’immigrazione è pressoché nulla, segno di uno stato di povertà non privo però di opportunità.

Nessuno sembra neppure ricordare che i soldi dati alla Grecia avrebbero potuto – e potrebbero ancora, se restituiti – andare ad aiutare quel “sud del mondo” che inizia a poche centinaia di chilometri dalle coste elleniche e dove le condizioni sono infinitamente più drammatiche di quelle greche.

Di tutto questo, peraltro, non fa parola neppure Syriza, tutta presa in un braccio di ferro personale con i paesi ricchi d’Europa e non molto interessata a capire quale possa essere un autentico “futuro comune solidale”. Quel che Tsipras e i suoi amici sostengono, assieme al popolo greco, è che l’austerità non permetterà a loro di crescere: chi paghi la loro crescita, anzi, se essa sia mai possibile senza danni a terzi alla sedicente sinistra greca, che proprio sinistra non è, pare non interessare.

Ripeto, non è questione di prendere partito per l’avversario: è invece questione che i due avversari paiono entrambi neoliberisti individualisti, interessati solo al loro interesse e non a quello comune. La differenza tra la BCE e i greci, tra la Merkel e Tsipras, è che i primi chiedono il rispetto delle regole del gioco, i secondi vogliono barare per tornare competitivi allo stesso tavolo: nessuno dei due vuol cambiare il gioco. E, ribadisco, non ci si venga a dire che sono stremati dalla crisi, perché i paesi che citavo prima stanno peggio di loro e meriterebbero di ricevere il denaro che la Grecia pretende di non restituire né ora (cosa impossibile), né mai (cosa immorale).

Oggi la Merkel ha affermato, a un dipresso, che il popolo tedesco si sente derubato di un prestito che non rivedrà mai. Che l’abbia messa così mostra quanto sia parte di una cultura individualista possessiva. Io avrei detto una cosa diversa, e cioé che il popolo albanese, quello lettone, quello nigeriano ed etiope si sentono derubati dai greci di un denaro di cui avrebbero più bisogno di loro, e che la cosa duole in particolar modo perché chi li deruba si dichiara, sfacciatamente, di sinistra.

Ma la sinistra esiste ancora, all’alba del secondo millennio?

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2 thoughts on “Non esistono più destra e sinistra? Parte seconda: riflessioni sulla Grecia e sul “liberalcomunismo”

  1. L’ha ribloggato su Il diserbante 2.0e ha commentato:
    Questa sì che è un’analisi

  2. Mari Da Solcare ha detto:

    Analisi acuta e interessante.

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