Che la neosegretaria del PD Elly Schlein abbia davanti un percorso accidentato è chiaro a tutti, amici e nemici. Forse meno chiaro è dove si nascondano gli ostacoli più insidiosi. I più pensano infatti alle difficoltà interne di un partito burocratizzato e diviso in fazioni in perenne lotta per la supremazia; altri additano i molti punti deboli nella sua immagine di donna benestante, dichiaratamente omosessuale e con tre passaporti; altri ancora ne sottolineano l’inesperienza e il probabile ostracismo che riceverà dal potere economico. In realtà c’è di più e di peggio, un saggio del quale è stato offerto sulle pagine di Domani dall’economista Andrea Capussela in un articolo del 9 marzo.
In quell’articolo l’autore non si mostra ostile alla nuova guida del PD – semmai scettico riguardo al partito, ma ci può stare – e si limita a “offrirle dei dati” che potrebbero esserle utili per orientare la sua azione politica, riguardanti la crescita della produttività, il rispetto delle leggi e il numero di giovani laureati. È tuttavia singolare che vengano “offerti” non in valore assoluto, bensì in un confronto incrociato con gli analoghi numeri di due gruppi di paesi vicini all’Italia: “quello dei suoi pari (Francia, Germania e Spagna; e Giappone, Gran Bretagna e Stati Uniti), da un lato, e delle nazioni balcaniche, dall’altro”. Il raffronto dei dati mostra che l’Italia si situa inequivocabilmente sotto il livello dei “suoi pari” e in alcuni casi scivola fino a sfiorare i Balcani – anzi, quanto a laureati è messa perfino peggio, se si esclude la Romania. La conclusione dell’economista è che “se la Schlein ha aspirazioni balcaniche (…) prosegua così. Ma consideri che ogni sua priorità – diseguaglianze, clima diritti – può essere coordinata con quelle che i tre dati impongono”.
In realtà è facile vedere come tutto il discorso di Capussela ruoti attorno a un solo valore, cioè la crescita economica: le è direttamente collegato il primo dato, la crescita della produttività; ne è funzione il rispetto delle leggi, che favorisce quel motore della crescita che è l’innovazione; le è biunivocamente connesso anche il numero dei laureati, dipendente da quello delle grandi aziende. Le “aspirazioni balcaniche” cui allude l’economista, dunque, sono solo un modo sprezzante di definire un eventuale disinteresse per la crescita economica. Nulla di strano, visto che stiamo parlando dell’autore di un saggio, Il declino, che illustrava e stigmatizzava proprio il forte rallentamento della crescita nel nostro paese. Se non fosse, però, che la Schlein – prima nel suo libro-manifesto, poi nel suo programma elettorale per le primarie – ha non solo cancellato la parola crescita – sostituita dal termine “sviluppo” – ma ne ha anche spiegate le ragioni: perché la crescita danneggia l’ambiente. Una cosa, questa, incontestabile non solo per chi abbia una cultura ambientalista, ma anche per chi provi a immaginare il processo di ulteriore impiego di materie prime, utilizzo di energia per trasformarle, circolazioni di merci e persone, e via dicendo, su un pianeta che già oggi celebra il 28 luglio il giorno in cui ha esaurito le risorse biologiche rigenerabili in un anno. Un giorno che l’Italia celebra addirittura il 15 maggio, mentre – per guardare ai Balcani – per la Serbia cade il 7 agosto. La “balcanizzazione”, dunque, non solo è una necessità, ma non è neppure sufficiente: è necessario ridistribuire l’esistente, cambiando modello di sviluppo e smettendo di inseguire la crescita.
A tutto questo, però, Capussela neppure allude, tanto è lontano dal suo consolidato – e un po’ angusto – modo di guardare la fitta rete di problemi di cui è costituita la contemporaneità: c’è l’economia, così come fino a oggi è stata pensata, e il resto viene dopo, anzi, neppure ha senso parlarne. Anche se ciò comporta non prendere sul serio chi si ha di fronte, cioè la neosegretaria del PD, con le sue idee e le sue priorità. Che con i dati della crescita dovranno necessariamente fare i conti, ma non per “coordinarsi”, bensì per aggirarli con un nuovo modello di sviluppo che ne dimostri l’obsolescenza.
O un autentico cambiamento non avrà mai neppure inizio.